La recentissima sentenza n° 23958 del 29 ottobre 2020, pronunciata dalla II Sezione della Suprema Corte, è tornata ad occuparsi dei vizi della procura alle liti, alla luce del nuovo testo dell’art. 182 c.p.c. (come modificato dalla Legge 69/2009).
La decisione in commento è stata pronunciata nell’ambito di una controversia in cui una procura alle liti era stata ritenuta inesistente (il che aveva portato ad una declaratoria di inammissibilità dell’appello).
La Corte di Cassazione fa piazza pulita, non solo del ragionamento del giudice dell’appello, ma anche di tutte le pregresse incertezze interpretative in merito alla sussistenza di vizi nella procura alle liti ed in merito alla gravità di questi.
La Suprema Corte semplifica l’approccio e, forse desiderosa di emulare Alessandro Magno di fronte al nodo di Gordio, risolve la questione con un assai lineare “vale tutto”, vale perfino una procura che non c’è proprio.
L’orientamento che la Corte di Cassazione propone e manifesta di voler consolidare (richiamando anche, come precedente conforme, Cass. 18.885/2018) è che la possibilità di sanatoria dei difetti di rappresentanza va estesa anche ai casi di inesistenza degli atti processuali (ovvero non è limitata ai soli casi di nullità)
In effetti, nota la Corte, se il nuovo art. 182 c.p.c. prevede che il termine per la sanatoria venga assegnato anche al fine del “rilascio” della procura, e non solo al fine della sua “rinnovazione”, logica vuole che lo scopo sia quello di consentire alle parti di sanare qualsiasi vizio della procura alle liti.
Ecco, quindi, che secondo la Suprema Corte “non ha alcun rilievo la distinzione tra nullità ed inesistenza della procura … in considerazione della possibilità attribuita al giudice di porre rimedio anche alla ipotesi di assenza della procura”.
La Corte afferma che l’art. 182 c.p.c. “trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto, oltre che quando essa sia inficiata da un vizio che ne determini la nullità”.
Il che, forse, restringe sensibilmente l’ambito di operatività delle norme contenute negli articoli 83 e 125 c.p.c. e lascia un ben maggiore margine di manovra nel momento in cui si deve intraprendere un procedimento giudiziario.